Questione di pelle: problemi, soluzioni, alternative

Pelle o finta pelle (detta anche eco-pelle, che di eco, come vedremo, ha veramente poco)? Quando si entra in questo ambito si apre sempre un dibattito lungo e macchinoso, come tra vegani e onnivori. Vi comunico già che la soluzione non c’è, o meglio, c’è ed è sempre la solita: moderazione nei consumi, questo è l’unico modo per uscirne, forse, vivi. Per il resto ci sono pro e contro da entrambi i lati e, ultimamente, anche diverse alternative. Andiamo con ordine…

Pelle & Caverne…

La pelle è uno dei primi materiali che l’uomo si è buttato addosso. Frutto delle battute di caccia e del sacro principio del “non si butta via nulla“, i vestiti in pelle sono i primi esemplari di capi “fashion“, tra l’altro progettati in un’ottica zero-waste: non venivano tagliati, non venivano cuciti, non c’era cartamodello e assolutamente non c’era nessun tipo di spreco! In tutti i sensi. Anche quantitativi. I problemi legati alla produzione di capi e accessori in pelle sono arrivati con l’aumento della richiesta, che ha portato poi alla creazione del movimento per la difesa degli animali ed il loro trattamento. Secondo un articolo di Lucy Siegle, giornalista e scrittrice, “290 milioni di mucche vengono uccise all’anno per coprire le nostre necessità attuali e questo numero potrebbe duplicarsi nel prossimo decennio“. Il volume di produzione così elevato va, ovviamente, ad intaccare la vita ed il trattamento degli animali (e questo non è per niente bello). Ma il problema della pelle non finisce qui: ad aggiungersi alla lista delle controindicazioni troviamo tutta una serie di sostanze chimiche coinvolte nel trattamento di questo materiale che sono parecchio inquinanti se non gestite nel modo corretto. Ovviamente questo tipo di deregolamentazione lo ritroviamo nei paesi in via di sviluppo, dove il controllo per lo smaltimento dei rifiuti è praticamente inesistente. Questo non ci dovrebbe far dormire sonni tranquilli perché “vabbè, tanto è dall’altra parte del mondo“; perché qui tutto il mondo è paese, siamo collegati dal mare e queste sostanze girano alla velocità della luce…

Per ovviare alla chimica invadente (generalmente cromo e metalli pesanti della concia tradizionale) si è sviluppata nel corso degli anni la concia vegetale: realizzata con i tannini vegetali, sostanze che sono largamente presenti nella frutta, quali melograno, lamponi e mirtilli rossi, nonché in numerose bevande che assumiamo ogni giorno, come il tè e il vino rosso. Queste sostanze sono estratte con metodi ecosostenibili: “per il tannino di Tara è sufficiente macinare i baccelli fino a ridurli in polvere, mentre per il tannino di castagno o di quebracho il legno viene sminuzzato in chips che, a contatto con acqua calda, rilascia il tannino in soluzione, come se fosse un’infusione“. Oltre al suo essere trattata con sostanze vegetali, ci sono anche altri vantaggi: i fanghi di scarto possono essere recuperati e usati per fabbricare materiale edile; oggetti e capi creati con pelle conciata al vegetale durano una vita e pure di più; una volta ridotti all’osso, possono essere smaltiti e trasformati in fertilizzanti utili per l’agricoltura. In un modo o nell’altro ritornano in circolo…

Pelle Plastica…

Dall’altro lato è arrivata la “finta pelle“, detta anche in maniera impropria “eco pelle” o “simil pelle” o “pelle vegana“. In poche parole è PLASTICA! Libera da qualsiasi elemento di origine animale, trattasi di un prodotto frutto di decenni di evoluzione industriale che ha fornito un’alternativa vegana e a basso costo per il mercato del pronto moda. Prodotta con cloruro di polivinile (PVC) o poliuretano (PU), tutti parenti del petrolio, non è certo immune dall’uso di sostanze chimiche tossiche. Ma il problema non è solo quello: è la quantità di tempo che ci metteranno a biodegradarsi!!! Quindi, a discapito del nome e di come è stata commercializzata nel corso degli anni, l’eco-pelle è plastica e la plastica fa insorgere tutta una serie di problemi che ben sappiamo (e se non sappiamo, l’articolo che spiega tutto è sempre qui).

Alternative: gli amici Funghi&Co.!

Fortunatamente la tecnologia e l’innovazione vanno avanti, così come le ricerche e le sperimentazioni in ambito tessile e biotecnologico. Nuove alternative si stanno sviluppando utilizzando risorse biodegradabili: da elementi come il sughero, il legno ed i funghi; fino a foglie e frutti di diverse piante come il teak, l’ananas o i cactus; per poi arrivare a sostanze di origine batterica come quelle ottenute con il tè di soia e la kombucha… La “biofabbricazione” della pelle in un laboratorio che utilizza cellule e proteine sta facendo decisamente un sacco di passi in avanti, innovando processi e materiali in un’ottica circolare e meno impattante.

È in questo scenario a tratti surreale (tirare fuori pelle dalla buccia di ananas sembra un film di fantascienza, eppure è reale) che spuntano fuori i funghetti, come elemento magico, ancestrale e decisamente fashion! Prima di arrivare alle collezioni di Stella McCartney, Iris Van Herpen e Hermès, solo per nominarne alcune, è bene capire chi sono questi Fantastic Funghi e perché li sentiamo nominare in diversi contesti…

Spore e funghi sembrano essere antichi come il mondo e pare che già i primi homo presenti sulla Terra li avessero intercettati subito per le loro proprietà, tra le quali sì, c’è anche quella di essere un potente psicoattivo (allucinogeno). Ma è sempre negli anni 60 che si sono approfondite queste proprietà, dovei funghi si sono fatti strada verso le scoperte medicinali e le tradizioni religiose. I cinesi, ad esempio, sono molto fiduciosi nel potere curativo del fungo reishi o “fungo dell’immortalità”: è il fungo più antico utilizzato nella medicina cinese che apporta numerosi benefici al sistema immunitario umano. Nonostante alcune ricerche hanno anche evidenziato che alcuni funghi possono danneggiarci notevolmente, il loro valore è sempre più riconosciuto; vengono infatti coltivati per i loro scopi medicinali e applicati anche come trattamento per terapie legate ai traumi e a problemi della psiche. Tra l’altro. Ma il loro impiego non si ferma lì: alcuni scienziati hanno iniziato ad utilizzare il micelio, la parte filiforme del fungo, per sostituire gli imballi in plastica. Negli anni 90 il designer Phil Rose ha realizzato addirittura tavoli, poltrone e mattoni…Dalla medicina alla cosmetica, fino ovviamente all’industria alimentare, dove i funghi prosperano sul mercato alternativo come caffè, succhi di frutta, birra e sostituti della carne. Con il boom dei prodotti a base vegetale, il fungo si sta davvero facendo strada per diventare gli ingredienti ricercati e un investimento di capitale di rischio.

La domanda non è, ‘Cosa possono fare i funghi? È, ‘Cosa vuoi che faccia?’ I funghi sono agenti di trasformazione nel vero senso della parola.“—Phil Rose

Ed ecco i simpatici funghetti approdare anche al mondo della moda come alternativa alla pelle, sia quella di origine animale sia quella finta. Ne avevo accennato parlato di bio-materiali. I signori della Bolt Thread, tra i quali il suo CEO, Dan Widmaier, hanno notato il disperato bisogno della moda si avere un’alternativa ecologica alla pelle. È dal 2009 che la sua azienda è entrata nel settore introducendo i funghi nel mondo della moda. Otto anni dopo, nel 2017, l’azienda ha collaborato con Stella McCartney per creare un abito ecologico realizzato con proteine ​​della seta filate dai ragni. Immediatamente dopo è arrivato Mylo, una simil-pelle derivata dai funghi. Un processo che richiede un uso minimo di energia e di acqua, dando vita ad un materiale forte, duraturo, flessibile, resistente ed impermeabile. Oltre al fatto che è interamente biodegradabile e compostabile. Più circolare di così!

La produzione di questo materiale è ancora in fase di sperimentazione, ma marchi come Stella McCartney, Hermes e Adidas, tra agli altri, hanno subito approfittato per realizzare collezioni con Mylo (che per ora rimane appannaggio di grandi marchi e piccole collezioni). La EDEN Power Corp, altra azienda che si sta specializzando in questo materiale, invece, ha deciso di collaborare anche con piccoli artigiani. Fin qui tutto bene. Il limite? La limitazione della produzione di tessuto (perché la chiamiamo pelle, ma pelle non è) di micelio è dovuta ai processi agricoli utilizzati per coltivare i funghi: è molto simile alla produzione di vini o formaggi, e richiede un controllo costante della temperatura, dell’umidità ed altri fattori ambientali.

Borsa Hermes realizzata con Reishi 2020, materiale derivato dai funghi.

Che i funghetti siano i salvatori di questo mondo moderno?!? Non lo so. Ma per loro natura, essendo su questo pianeta da milioni di anni, osservandone la natura, i colori, la forza, l’adattabilità, e valutandone le proprietà (biodegradabili, commestibili e dotati di proprietà medicinali), credo che i funghi continueranno ad essere un ottimo spunto ed un ottimo strumento. Anche per la moda.

Fungo in casa abbandonata cresciuto in una crepa. Foto di Mauro Puccini durante lo shooting per Weave Magazine

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